L'IRONIA DI LJUDMILA ULICKAJA PROIETTATA SU FONDALI BREZHNEVIANI

Valentina Parisi
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«Scrivo per un pubblico di bibliotecarie e professoresse». L`affermazione recente con cui Ljudmila Ulickaja ha perentoriamente circoscritto l`ambito di ricezione della sua prosa suona in maniera curiosa, dal momento che il successo di cui godono i suoi libri, attualmente tradotti in una trentina di lingue e gratificati di prestigiosi riconoscimenti sia in patria che all`estero, sembrerebbe estendersi ben oltre i confini di qualunque riserva indiana. Eppure questa ammissione polemica, dettata forse dal desiderio di ironizzare sul dibattito circa la presunta «femminilità» della propria scrittura, colpisce per la sua chiaroveggente modestia. Al di là di qualunque fuorviante schematizzazione, lo stile equilibrato della Ulickaja si rivolge intenzionalmente a un pubblico tradizionalista e colto,
incline a una appassionata tutela dei valori letterari nazionali più che a forme eterodosse di sperimentazione.

Lontana dalla democrazia virtuale dei blog (che Mauro Martini, nel suo L`utopia spodestata, definiva a ragione come vere e proprie fucine per la giovane creatività russa), indifferente ai colpi deliberatamente inferti alla lingua letteraria da innovatori ormai classici come Vladimir Sorokin o Viktor Erofeev, la sessantaquattrenne scrittrice moscovita persegue una sua via indubbiamente peculiare, guidata da una lievità quasi miracolosa che pone in secondo piano eventuali interrogativi sull`attualità delle sue scelte.

Totalmente estranea ai ritmi sincopati della Mosca odierna, Ljudmila Ulickaja si rifugia sovente - e non è un caso - nella rilettura del recente passato sovietico, privilegiando storie considerate esemplari. Come quella ricostruita nel Dono del dottor Kukockij (centrato sulle complesse vicende familiari dei ginecologo moscovita che, alla fine degli anni `40, elaborò un progetto per la legalizzazione dell`aborto) o la storia di Daniel Stein, traduttore - il suo ultimo romanzo ancora inedito in Italia, liberamente ispirato alla figura di Daniel Rufeisen, ebreo polacco che, infiltrandosi in qualità di interprete nella Gestapo, riuscì a salvare parte della popolazione del ghetto della città bielorussa di Mir.

Il fascino sottilmente demodé della Ulickaja, tipico del suo stile avverso a qualsiasi tentazione post-modernista, nonché la sua tendenza a indagare con finezza i rapporti tra i sessi, emergono chiaramente dal romanzo Sinceramente vostro, Surik, pubblicato da Frassinelli nell`elegante traduzione di Emanuela Guercetti.

Figlio illegittimo di una malinconica contabile con velleità artistiche inespresse, cresciuto in un confortevole ma opprimente microcosmo femminile, Surik è convinto di avere stroncato con la propria nascita la presunta vocazione teatrale della madre. Nulla di sorprendente, dunque, se egli passerà la vita a espiare la sua «colpa», trasformandosi in una sorta di indaffaratissimo consolatore, pronto a soddisfare con i suoi servigi - sessuali e non - uno stuolo di piagnucolose ammiratrici. Con una certa dose di sadismo l`autrice ricostruisce la mancata evoluzione del protagonista seguendo la proliferazione delle sue masochistiche ipostasi: allievo modello per la nonna insegnante di francese, valletto per la madre inetta, infermiere e amante perla bella Valerija dalle gambe paralizzate, marito legale per la compagna di studi Lena, allorché deciderà di mascherare con un matrimonio fittizio la sua posizione di ragazza-madre agli occhi della famiglia benpensante.

E ancora: veicolo dì promozione sociale per Alja, ambiziosa chimica giunta a Mosca dalla provincia kazaka; confidente per la scultrice Matilda e vittima ideale per la pedinatrice paranoica Svetlana. Inghiottito da questa routine sfiancante, Surik giunge alla soglia dei trent`anni invecchiato anzitempo e insoddisfatto della sua monotona occupazione di traduttore tecnica (intrapresa ovviamente per non lasciare sola la madre). La sua vita potrebbe subire una svolta imprevista quando Lilija, la ragazza di cui un tempo era innamorato, ora emigrata in Israele, lo chiama per annunciargli che trascorrerà ventiquattro ore a Mosca in attesa del volo diretto a Tokio. Inutile dire che anche questa ultima occasione andrà sprecata Il giudizio che Lilija emetterà dopo avere vagabondato una notte intera con lui per la città sarà infatti implacabile: Surik è un incrocio tra un santo e un perfetto ídiòth.

Ma ridurre questo romanzo ironico e deliziosamente misogino al suo intreccio sarebbe davvero ingiusto. Sinceramente vostro, Surik è innanzitutto un notevole affresco della cosiddetta «stagnazione brezhneviana», ossia di quegli anni `70 che, in tempi recenti, sono divenuti oggetto di una vera e propria rivalutazione collettiva. La nostalgia che la maggior parte della popolazione russa sembra attualmente provare per il tranquillo grigiore di quel decennio - distante tanto dagli sconvolgimenti bellici e dalle repressioni staliniane quanto dal crollo dell`Urss - assume in questo romanzo una sfumatura quasi cechoviana. All`evocazione commossa dì uno dei rari momenti di stabilità nella storia russa si fonde lo sgomento di fronte al vicolo cieco sociale e spirituale che una simile quiete sottintendeva Nel timido Surik l`autrice incarna la paralisi di quella frazione dell`intelligencijache, istintivamente critica verso la cultura di massa elaborata dal potere sovietico, era d`altronde incapace di convogliare la propria ansia nel neo-avanguardismo proposto dalle cerchie artistiche underground o nel dissenso politico.

Per Surik la vita è un succedersi di piccoli riti domestici legati alla memoria della nonna, indispensabili per la salvaguardia del delicato equilibrio esistenziale della madre. Impegnato incessantemente a fornire alle sue donne piccole rassicurazioni quotidiane sotto forma di leccornie di difficile reperibilità, farmaci omeopatici o indumenti di importazione, l`eroe della Ulickaja non si accorge nemmeno che il mondo intomo sta cambiando, che il francese che utilizza per le sue traduzioni è innegabilmente desueto, che l`idillio hiedermeier cui va sacrificando tutte le sue energie non reggerà alla prova del tempo.

L`autrice affida il giudizio finale su questa Unione sovietica convertita alla sicurezza borghese per mancanza di prospettive all`emigrante ebrea Lilija, decisa a costruire la sua esistenza altrove: «Mi hanno fatto mangiare dei piatti incredibili, all`antica pure loro. I sorprendente, nei negozi c`è la miseria più nera, ma la tavola è imbandita con ogni ben di Dio». Così, attraverso la rimozione apparente di ogni conflitto, Ljudmila Ulickaja crea un universo narrativo perfettamente calibrato che, nondimeno, comunica al lettore un lieve senso di inquietudine.

Dotato di un fascino sottilmente demodé e ambientato nel gl^igiore degli anni `70, l`ultimo romanzo della scrittrice moscovita, uscito da Frassinelii con il titolo «Sinceramente vostro, Surik», è affidato al protagonismo di un uomo un po` santo un po` idiota, impegnato a riscattare i suoi sensi di colpa offrendo molteplici servizi a uno stuolo di piagnucolose ammiratrici.

Sinceramente vostro, Surik
Ulickaja Ljudmila