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NARRATIVA STRANIERA

SCIOCCO E SAPIENTE

Lo sguardo immaginifico di un ragazzo.

È possibile raccontare il mondo attraverso lo sguardo di un ragazzo "diverso", uno che frequenta «la scuola degli sciocchi» e ci restituisce una visione della realtà nel grado più alto della poesia? Ce lo dimostra questo romanzo di Sasha Sokolov, scritto nel 1975 e ben presto diventato un libro di culto, solo ora tradotto (egregiamente) in italiano da Margherita Crepax. A farlo conoscere negli Stati Uniti ci aveva pensato il grande Vladimir Nabokov che lo aveva definito «un libro affascinante, tragico e commovente», e tra i suoi estimatori c’è stata Nina Berberova, ammaliata dallo stile di Sokolov, dalla «lingua sonora, profonda, fresca, mai accademica».

È un approccio diverso al tema della disabilità quello che ci propone Sokolov, il quale ci restituisce l’indimenticabile ritratto di un ragazzo che si riappropria di una voce, tra le tante urla che provengono dall’interno dell’istituto. È quella stessa voce che gli permette di sentirsi vivo, attraverso il linguaggio dell’immaginazione, la capacità di trasformare la realtà in pura percezione di immagini poetiche. È un romanzo che commuove e indigna, che ci fa percepire l’handicap non come forma di esclusione, ma come possibilità diversa di guardare la vita. Per il protagonista l’unica speranza di essere capito dal mondo è quella di percepire quello che la normalità non riesce a cogliere. Così lo seguiamo in questo viaggio fantastico tra le dacie sul fiume, negli incontri con Vera o con il geografo Novergon, tra lo spettacolo dei ciliegi in fiore del giardino della scuola.

Fulvio Panzeri



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