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Mariam Petrosjan | La casa del tempo sospeso

In un mondo di storpi, è il sano ad essere diverso. Questo è il primo paradosso che si realizza nella Casa. I suoi bizzarri abitanti sono bambini e adolescenti accomunati da una menomazione: mutilati, paraplegici, ciechi, albini, ritardati. L’invalidità diventa il segno distintivo di un’umanità eletta proprio perché reietta, il simbolo dell’appartenenza ad un mondo altro, creato su misura per loro.

All’interno della Casa questi ragazzi dimenticati sperimentano le passioni della loro età con l’intensità che solo la giovinezza concede: amicizia, rivalità, odio, desiderio di emulazione, amore, affetto. Stringono legami profondi, affrontano le sfide quotidiane, crescono nel loro piccolo e complesso universo.

E soprattutto: sognano. Ma nella Casa le loro fantasie, prodigiose e terrificanti, acquistano concretezza come per magia, tessono una rete di illusioni che finisce per sostituire la realtà. La geografia della Casa viene creata e ricreata incessantemente dall’immaginazione dei suoi abitanti, dalle loro storie, paure, segreti, sogni. Ci sono luoghi proibiti, spazi che suscitano strane suggestioni, si dilatano all’infinito, mutano improvvisamente; ci sono pozioni allucinatorie e amuleti sciamanici; ci sono cacce in foreste oniriche; ci sono divieti scaramantici e obblighi sacri; ci sono metamorfosi e magie.

La realtà è confinata oltre il recinto della Casa, nell’Esteriorità: banale, priva di fantasia, ostile, insensata. Ma prima o poi l’infanzia finisce e il mondo degli adulti chiama alla resa dei conti: allora si può solo fuggire definitivamente nel sogno oppure rinunciare per sempre alla condizione meravigliosa e crudele dell’adolescenza. Affrontare l’ingresso nell’età matura e la fine delle illusioni sarà la più grande e dolorosa sfida per gli abitanti della Casa.

La casa del tempo sospeso di Marjam Petrosjan ha una rara dote: rappresentare perfettamente la realtà attraverso il fantastico. Non c’è modo migliore di descrivere un adolescente che come un reietto, che vede gli adulti come esseri del tutto estranei, che alimenta la propria diversità come marchio elettivo, che vive in una dimensione separata dal resto del mondo, dove la realtà è fatta di sogni e passioni. La cosa più straordinaria nel leggere questo libro è sorprendersi nel paragonare gli stravaganti storpi della Casa ai propri ex compagni di classe, o ai vecchi amici dei giardinetti, e  immaginare sé stessi all’interno di quella marmaglia, affibbiarsi un soprannome evocativo, pensare in quale tribù collocarsi. La potenza immaginifica di queste pagine non restituisce solo un teatrale sense of wonder, ma descrive quel modo di sentire caratteristico dell’infanzia, in cui non c’è confine fra immaginazione e realtà. E infine ci si chiede, con un filo di amarezza, quando si è perso quel modo incantato di guardare il mondo. La casa del tempo sospeso è un libro che ti interroga su quanto sia illusorio ciò che ritieni reale e normale, e su quale sia il prezzo da pagare per diventare adulti.

Mariam Petrosjan, La casa del tempo sospeso, Salani 2011



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